Rilievo fotografico dell’architettura

di Igor Todisco

06/02/2009

Da tempo è ormai noto l’utilizzo della fotografia nell’Architettura finalizzato a costruire elaborati progettuali quali:

  • prospettive di progetti architettonici,
  • tavole necessarie a comprendere l’impatto ambientale generato dagli interventi sull’architettura e sull’ambiente,
  • rappresentazione del risarcimento di parti lesionate di un edificio sulla base di precedenti documentazioni,
  • rappresentazione e/o interpretazione dell’architettura all’interno del contesto urbano.

Per rilevare grandi spazi o fronti stradali si ricorre spesso a tecniche di Foto mosaico o Photo Stitching (giuntare più fotogrammi per ottenere un’unica immagine finale). Usare il rilievo fotografico come immagine di ricalco per la rappresentazione di prospetti è una tecnica usata molto frequentemente ma questo si fa in modo errato nella maggior parte dei casi.
Personalmente ne ho sentite un po’ di tutti i colori su questo argomento (sia da persone specializzate che non) e mi pare che ci sia da mettere in chiaro alcune cose.
Una “quasi” leggenda metropolitana narra che l’obiettivo 50mm sia il must, il solo da usare, nel rilievo fotografico ma ogni volta che ho chiesto a uno dei sostenitori di tale tesi il motivo della sua scelta ho ricevuto risposte che contenevano più inesattezze che altro.
Il 50mm è un obiettivo di costruzione molto semplice e il suo unico vantaggio nella fotografia di rilievo dell’architettura è la molto scarsa presenza di distorsioni ma non la totale assenza. Oggi giorno gli obiettivi con distorsioni quasi assenti abbondano sul mercato sia nella fascia di grandangolari che in quella dei teleobiettivi. Mi è capitato di vedere persone che per fare un rilievo fotografico usano uno zoom impostato a 50mm: una mossa inutile e addirittura dannosa. Gli obiettivi zoom hanno delle qualità ottiche che raramente possono essere paragonati alla qualità di un obiettivo fisso e se ciò che ci interessa è l’assenza di distorsioni usare uno zoom è quanto di più sbagliato. Tuttavia esistono dei software in grado di correggere le distorsioni delle foto usando calcoli ottenuti da test in laboratorio.

Il grosso errore che si fa parlando subito di obiettivo è quello di trascurare la dimensione del supporto di registrazione. La prima figura mostra il confronto fra le dimensioni di alcuni dei supporti più utilizzati nella fotografia e come è facilmente osservabile le differenze di dimensione sono piuttosto notevoli.
La lunghezza focale degli obiettivi è (detta in soldoni) quel fattore che determina l’angolo di campo della ripresa e nel successivo schema si vede come 2 obiettivi di focale uguale (50mm) varino l’angolo di campo ripreso in base alle dimensioni del supporto al quale sono destinati. Si capisce che nel caso di rilievi di architetture, maggiore è il campo inquadrato, più è semplice fare il rilievo avendo per esempio la possibilità di registrare su un’unica foto tutta la facciata di una chiesa.
Altro errore commesso spesso è il considerare le distorsioni prospettiche come difetti dei grandangoli e a volte si utilizza un 50mm sperando di eliminare tali distorsioni: nulla di più sbagliato. Come ci insegna la geometria, la prospettiva non può cambiare se il punto di vista e l’oggetto studiato rimangono fissi. L’unico modo per minimizzare le linee cadenti è allontanare il punto di vista dal soggetto ripreso (cambiando quindi l’inclinazione della ripresa) e in tal caso è possibile usare un teleobiettivo per ingrandire lo stesso soggetto. Le linee cadenti della distorsione prospettica sono causate dal mancato parallelismo fra supporto di registrazione (lastra, pellicola o sensore) e il corpo architettonico fotografato: nel terzo schema si capisce facilmente come ciò avvenga.

Le distorsioni prospettiche possono essere corrette direttamente sul campo in fase di ripresa utilizzando il decentramento oppure successivamento con l’ausilio di alcuni software. Il decentramento è una peculiarità di norma esclusiva dei banchi ottici professionali e  di alcuni obiettivi per il medio formato e piccolo formato (24×36). Decentrare un obiettivo significa spostare lo stesso in senso orizzontale o verticale rispetto al piano pellicola/sensore della fotocamera. Uno spostamento dell’ordine di millimetri tra l’ottica e il corpo macchina significa un innalzamento o un abbassamento dell’apparente punto di vista, il quale cresce in modo proporzionale alla distanza fotocamera-soggetto. In architettura il decentramento serve per inquadrare soggetti, come la facciata di una chiesa, senza dover inclinare la fotocamera ed evitando così il problema delle linee cadenti. A sostegno dell’assenza di relazione fra lunghezza focale di un obiettivo e prospettiva, allego due immagini. Le fotografie sono state scattate con la fotocamera su cavalletto senza muovere la stessa nemmeno per il cambio di obiettivo.

Una foto è stata ripresa con un 20mm e poi ritagliata in modo tale da ottenere la stessa porzione del fotogramma inquadrato nell’altra foto, realizzata con un 105mm. Come è evidente le linee della prospettiva sono identiche benché una sia stata fatta con un grandangolo spinto e l’altra con un teleobiettivo. Si capisce quale è stata fatta con il teleobiettivo solo grazie alla presenza di alcune zone sfocate dovute alla ovvia profondità di campo inferiore.

Realizzando un Photo Stitching si scopre subito che la prospettiva può essere insidiosa se quello che c’è da rilevare non è un unico piano verticale come la facciata di un edificio o più facciate unite di edifici diversi in quanto i vuoti che separano i vari elementi, spesso, nel Photo Stitching causano errori di giunzione. Quando abbiamo a che fare con piani diversi si può ricorrere al Photo Stitching per livelli, utilizzando un software che ci permette di giuntare le foto manualmente e di avere livelli diversi per ogni piano verticale. Un esempio di software può essere il noto Adobe Photoshop. Con l’aiuto di questi schemi capiremo che cos’è un Photo Stitching per livelli:

Nel caso dello schema PS1 dobbiamo riprendere la facciata di un edificio che non entra nella nostra inquadratura e abbiamo un albero posizionato più vicino al punto di vista rispetto all’edificio. In un rilievo ambientale non possiamo omettere l’albero e non possiamo nemmeno cambiare la sua posizione. Il nostro risultato finale deve essere quello illustrato dallo schema PS2.

 

Spostando il punto di vista prima a sinistra e dopo a destra per ottenere 2 foto da giuntare come nello schema PS3 ottengo ovviamente 2 prospettive diverse che se giuntate con un software automatico per il Photo Stitching o anche manualmente senza interessarsi del fenomeno ci faranno ottenere nel caso migliore un albero largo il doppio delle dimensioni reali, nel caso peggiore 2 alberi con dimensioni maggiori per effetto della prospettiva, come illustrato nello schema PS4.

Per ovviare a questo problema la cosa da fare è teoricamente semplice. Alla foto ottenuta dalla giunzione illustrata nello schema PS4 si sovrappone un livello contenente la foto realizzata nello schema PS1, dove i 2 soggetti del rilievo (l’albero e l’edificio) sono ripresi dal punto di vista ideale. Il risultato ottenuto sarà quello illustrato nello schema PS5. Un esempio di utilizzo del Photo Stitching per livelli potrebbe essere il caso illustrato alla fine dell’articolo, dove il rilievo ambientale realizzato è stato eseguito per una lunghezza vicina al kilometro in una strada stretta dove non era possibile scattare fotografie da lontano per ridurre le linee prospettiche. Il paesaggio retrostante le prime case e gli edifici stessi non tutti allineati al fronte stradale hanno richiesto l’uso di molti livelli per rendere l’immagine il più possibile vicina alla realtà.

CLICCARE SULLA FOTO SOTTOSTANTE PER INGRANDIRLA.

 

Leave a Reply